Messaggio di una suicida

Morii perché non sapevo vivere, mi uccisi
perché la mia vita era inutile
nel vecchio triste mondo inutile che mi aveva creata
ed era una bugia che bisognava cancellare
perché non era in verità vita
le mia, una fanciulla sognante
la verità di tutte le bugie
e cosciente della bugia di tutte le verità….

Avrei dovuto, ora lo so, sparare
contro il mio vecchio triste inutile mondo,
portare un po’ di sassi per il nuovo,
combattere per altre verità,
non tirare al mio povero cuore,
sul mio piccolo seno levigato
da poche, poche e false carezze d’amore

Avrei dovuto, compagni, lo so,
credere, e diventare
più forte di me stessa, ma avrei dovuto nascere
allora, a diciotto anni
per averne diciotto a trentasei
e forse avrei dovuto ugualmente
tentare, diversamente suicidarmi, sopravvivere
a me stessa..

Ma voi perdonatemi, miei compagni,
comprendetemi: ero tanto debole,
mi piegavo sul mio cuore
per ascoltare i battiti impauriti,
la musica terribile del sangue
e tremavo di esistere così,
inferiore a me stessa
La mia speranza era la disperazione,
annaspavo nel buio, ero sola e barlumi
soltanto di luce mi venivano da voi,
così vicini e tanto lontani

Ma non volevo vivere, sappiatelo,
come una pupattola assurda
come quelle che mi sopravvivono
e sono bambole, credetemi, bambole soltanto.
Io alla bambola ho sparato
al suo cuore che aveva paura di battere
e ho chiuso i suoi occhi che tremavano di vedere,
oltre gli assurdi sogni, la realtà
appena una volta, guardando, ha veduto –

O morire o combattere – dicevano
gli antichi immortali eroi, e io
non credevo, non sapevo, non potevo combattere,
Sono morta allora e la mia vita
solo allora ha cominciato a vivere.

Quelli che mi piangono nom hanno capito
quello che la mia morte voleva dire,
piangono la mia morte, non sanno ancora
che neppure essi sono vivi,
che io ho cominciato a vivere
soltanto dopo quello sparo azzurro
mentre essi continueranno a morire, fino alla morte.

Io questo non volevo, amici,
– tutti muoiono una sola morte,
i vivi, e anch’io ne ho voluta una,
mia sola, e semplice –
– del mio vecchio triste inutile mondo
io sola, nell’unico modo possibile,
sono passata, viva, al di la

Morii perché non sapevo vivere
ma essi vivono per non saper morire
mortalmente e la loro morte
sarà inutile come la loro vita

Ed ora io aspetto, all’angolo della strada,
col mio fiore rosso sul petto
come tutti i compagni combattenti:
appena imboccherete la standa
che porta al mondo della morte
con tutte le bandiere della vita al vento
per conquistare anche l’al di là,
agitando il vessillo di lacrime
che avrò tessuto nel tempo,
anch’io con voi marcerò nel mio cielo
irrompendo con vele luminose
nel mare del futuro; salutando il destino

Questo è il biglietto che non scrissi
prima, che vi mando di qui
solo i compagni comprenderanno……

Autore: Gianni Toti

Data: 16 luglio 1948

Numero serie: 1948_0183

Temi: Fragilità umana; morte; suicidio; serenità; lutto; tristezza

Emozioni trasferite nella scrittura: Serenità; lutto; tristezza