Parleranno

Con le mani di nuvola sui tetti
il cielo bianco accarezza le case,
appoggiato sul gomito del vento
guarda i bambini e il gioco nelle corti,
accendendo le stelle spegne i lumi
nel giuramento delle primavere
e nell’azzurra geometria dei vetri
tra volto e volto insinua la sua bocca
d’aria e di luce e schiude le leggere
giovani labbra, apre il mondo, spalanca
la conchiglia del buio – e dentro è il cuore,
come la perla dell’immensità.

Dolci finestre assorte della sera,
cari volti sui vetri, calma azzurra
delle immagini, incerte trasparenze
delle sue labbra al rosso delle nuvole,
vorrei gridarvi dentro la città,
suonare sul cristallo con le dita
dei bimbi, aprire il buio delle strade,
invadere con la serenità.
ma so che il grido altissimo è il silenzio
che le rondini gonfiano di stridi,
io so che la parola che vi dice
è come un bacio sulla guancia, è come
la tenerezza della madre quando
ha la sua mano stanca sul mio capo
d’uomo fiorito dentro il suo bambino

e attendo allora che la voce d’uomo
che tace nel silenzio cresca come
cresce il cielo sugli occhi quando sali
sulle scale della tua casa grigia,
attendo che la voce mia diventi
come un canto impossibile a cantare
con una sola bocca, come
il coro che dai campi nell’estate
rossa del grano sale dalle falci
dei mietitori e che non ha parole
luminose nel vento ma discorre
con le parole della povertà.

Allora tutti avremo un nostro volto
ed una voce nostra, volto e voce
che cercammo nei canti e negli specchi
inutilmente, avremo un nostro canto
e le nostre parole avran bandiere
di sangue dietro cui s’azzurreranno
le grige case, dietro cui verranno
le strade come fiumi, anche le strade
cammineranno come le città.

allora anche il silenzio avrà una voce
e non sia la mia giovane, non sia
la voce dei poeti, sgorghi come
fiottò “Bandiera rossa, dentro il sangue
degli operai, grammatica, elemento
di una lingua che non s’impari a scuola,

e tutti allora parleranno, tutti,
anche chi tacque, chi non ebbe voce,
chi rubò le parole troverà
le sue parole, troverà che cantano
da secoli nel vento e sono umili
come “Terra” e solenni come “cielo”
ma la terra sarà di tutti e il cielo
il tetto azzurro della libertà.

E ancora guardo il cielo tra le case
e le mani di nuvola sui tetti,
la pietà degli spazi e il nostro orgoglio,
le primavere giurano, le labbra
si schiudono leggere, s’apre il mondo,
la conchiglia del buio, bacio il cuore,
colgo la perla dell’immensità,

ma ancora il cielo bianco che accarezza
le grigie case, che si chiude sopra
la grande stanza del mondo non è
che un volto senza sguardo, un volto azzurro
che chiude gli occhi sull’umanità.

Autore: Gianni Toti

Data: luglio 1946

Numero serie: 1946_0077

Evento motivante: Osservazione della natura

Temi: Libertà; speranza

Emozioni trasferite nella scrittura: Libertà; speranza