Una mano, una penna, una speranza
e un soliloquio sul destino dell’uomo:
tutto qui, un’inquietudine che trascorre
da un mondo tutto privato a un altro mondo
tutto comune, da una stanza a una strada
da una casa a una piatta, da un fiume a un mare
I nostri figli e i figli dei nostri figli, tutta la nostra speranza
aspettano, il futuro teme il passato, nè sa se nascerà
un giorno o il suo destino sarà mortale;
dalla mia mano a quella del mio pastero
una catena di sangue é sul punto di spostarsi?
Se i figli non vivranno, sarò vissuto io?
non salirò, se la serla
si fermerò al mio gradino?
In questa cosmica inquietudine
come un cieco tento una mano fraterna
che verso se mi tragga dal futuro
e mille freterne mani contemporanee
trovo invece nel buio acceso d’elettroni
danzanti nel solare
Se ci teniamo per mano, padri, del nostro futuro
una catena di atomi coscienti
cento e cento volte stringevamo attorno al mondo
e al vostro cuore, come, in un abbraccio
dal nostro passato preistorico
ai nostri figli fuori dal tempo,
da universo a universo, a salutare
la nave dello spazio che s’allontana___
Così sia. Gli dei sono morti
e seppelliscono i loro morti
Autore: Gianni Toti
Data: 13 marzo 1955
Numero serie: 1955_366
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Emozioni trasferite nella scrittura:
