Sono le dodici della notte, le ventiquattro.
le quarantotto ore della notte, io mi aspetto
ancora questa notte che ancora non vengo
Batto adesso le strade con un bastone d’angoscia
e i vicoli senza occhi mi rispondono con le pareti
percosse dallo spazio prigioniero delle città…
Sfoglio le pagine di pietra rosicchiate dai topi
del tempo sugli scaffali alti delle colline,
col medio contro il pollice scattando lanciò via morti insetti
Conchiglie e pergamene, rughe perdute e rifiutate.
corridoi e viali mi salgono sul collo, serpentinamente,
misuro con termometri d’amore la febbre delle piazze
Piccoli DUBBIO passeggiano qua e la
deliziando di artistici disordini, di cellule poetiche,
di trincee di denti sgretolati come zucchero…
E io mi aspettavo, come un piccolo cancro poetico
intento a scriverti addosso arabeschi di carne
Mi aspettavo non venivo, cosi, sempre e mai,
Tu che dici? Verrò da me domani?
Autore: Gianni Toti
Data: 1961
Numero serie: 1961_1559
Evento scatenante:
Temi: ritrovarsi, tumulto interiore, malinconia, solitudine
Emozioni trasferite nella scrittura: smarrimento, sofferenza
